Il Mastodonte

Il Mastodonte: una storia lunga milioni di anni

 

Nell’ambito del Distretto, il mastodonte è l’immagine simbolo di una terra che ha contribuito, tra l’Ottocento e il Novecento, a importanti ritrovamenti paleontologici di vertebrati terrestri. Scoperte così significative da indurre gli esperti a denominare “Villafranchiano” il periodo intercorso tra circa 3,4 milioni e circa 1,2 milioni di anni fa.

 

In quell’epoca visse il mastodonte, simile, ma non uguale, all’elefante indiano. Lo distinguevano le enormi zanne con cui si procurava il cibo, masticandolo con i quattro grandi molari che aveva in bocca. I denti presentavano protuberanze somiglianti alle mammelle: in greco mastòs significa mammella e odys dente.

 

Dobbiamo immaginare questo animale preistorico, che si è estinto circa un milione e mezzo di anni fa, vivere, dove oggi è la Valtriversa, in terre lussureggianti emerse dal Mare Padano, insieme a ippopotami, elefanti, scimmie, tigri, orsi, ghepardi giganti, cinghiali, rinoceronti, lepri, castori, donnole, lepri, conigli. Nelle foreste e negli ambienti paludosi vegetavano giganteschi cipressi calvi con le radici nell’acqua, mentre si muovevano indisturbati tritoni, salamandre, toporagni, rospi, moscardini. Il clima era temperato, caldo umido.

 

I GRANDI ESEMPLARI DEL VILLAFRANCHIANO

 

Scheletri, pressoché completi, di mastodonti Anancus arvernensis sono stati scoperti a Villafranca e San Paolo Solbrito, mentre dalle terre di Dusino San Michele e Roatto sono stati estratti rinoceronti (Stephanorhinus jeanvireti). Si tratta di grandi e rari esemplari che, insieme a quelli recuperati a Ca’ dei Boschi di Valle Andona (Asti), arricchiscono le collezioni di importanti centri espositivi, come il Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino e il Museo Geologico e Paleontologico Giovanni Capellini di Bologna.

Il mastodonte nell'acquerello di Piero Damarco
Ricostruzione del mastodonte (San Paolo Solbrito)
Mandibola e due molari del mastodonte
Rinoceronte di Dusino San Michele
Costa di rinoceronte
Foglie fossili di ontano, salice, liquidambar
Cranio di balenottera (Cortandone)

Affascinanti per la loro storia e per essere giunti fin qui, dopo milioni di anni, talvolta in buone condizioni di conservazione, queste testimonianze preistoriche si rivelano sorprendenti, oltre che per l’aspetto storico e scientifico, per la buona dose di casualità che ne hanno accompagnato la scoperta: come d’altra parte anche i fossili legati all’antico Mare Padano (prolungamento dell’attuale Mare Adriatico), sono sempre stati trovati casualmente, arando un campo, eseguendo gli scassi in una vigna, lavorando alla costruzione della linea ferroviaria Torino-Genova (1845-1853) o scavando terra nelle cave per costruire il rilevato stradale della Torino-Piacenza (1964-1969). 

Resti di mastodonte (parte della mandibola con due molari) sono esposti nella Sala del Consiglio Comunale di San Paolo Solbrito e al Museo Paleontologico di Asti (molari anteriori, tibia e fibula di un esemplare restituito dalle terre di Dusino San Michele). Anche Cantarana, in particolare la cava Arboscio, è stata al centro di ritrovamenti legati sia al Villafranchiano che al Mare Padano. Parlando di scimmie, uno scheletro di macaca è stato recuperato a Villafranca, nel cui territorio, e nei centri intorno, sono emerse nel tempo le cosiddette foglie di pietra, cioè resti di foglie fossilizzate appartenenti agli alberi vissuti nel Villafranchiano. 

 

L’EREDITÀ DEL MARE PADANO

 

Prima del Villafranchiano, quello che il Mare Padano ha lasciato dietro di sé in questi territori, circa tre milioni di anni fa, è stata un’eredità particolarmente generosa a Montafia e nella frazione Bagnasco: due balenottere e un delfino. Crani e altri resti fossili di una balenottera e un delfino sono stati ritrovati a Cortandone, mentre Baldichieri vanta, oltre ai denti di un delfinide, la presenza della conchiglia Bufonaria marginata considerata un prezioso fossile guida: segna il tempo in cui è vissuta, consentendo di datare in modo certo lo strato fossilifero che lo ha protetto. 

Tutti questi fossili sono conservati al Museo Paleontologico di Asti

Sul territorio della Valtriversa si possono ancora oggi osservare affioramenti fossiliferi da cui emergono conchiglie. 

Particolare di balenottera (Bagnasco di Montafia)
Denti di delfinide (Baldichieri)
Bufonaria marginata